Ragionpolitica 11 novembre 2009
C'è sempre per lo meno un tocco di ingenuità che segna la politica estera americana. Se è giusto mostrare il ramoscello d'olivo verso il mondo per dimostrare che il rifiuto arriva sempre dall'altra parte, spesso però la retorica sembra essere troppo sdolcinata e senza costrutto, come se le parole fossero non solo la forma ma anche il contenuto. Il risultato è un impasse a livello internazionale quasi incomprensibile per non dire autolesionista. Prendiamo ad esempio il caso dell'Iran. Non c'è dubbio che il paese del pavone sia una nazione piena di contraddizioni e sia governato da un regime tutt'altro che monolitico che presenta scricchiolii anche incoraggianti. Ma un occhio critico non può non negare la natura ideologica della rivoluzione khomenista che nasce con il duplice scopo di cercare l'egemonia del mondo mussulmano, la lotta contro il secolarismo occidentale, contro la modernità e i suoi massimi protagonisti gli Stati Uniti cristiani e massoni e il nemico cosmopolita giudaico, Israele, senza dimenticarsi che entrambi gli obiettivi passano attraverso il passaggio intermedio della ricerca di un predominio regionale.
Un approccio realista ma attento alla portata delle idee non può misconoscere la realtà di un simile comportamento insensibile ad ogni tentativo di dialogo razionale e pragmatico; insomma l'Iran di Ahmanidejad non vuole parlare, i suoi obiettivi non sono negoziabili; ogni concessione è solo tattica e fatta per prendere tempo. Minacce e promesse hanno poco effetto su di un regime i cui leader percepiscono l'esistenza dei due Satana come un pericolo, di per sé, alla prosecuzione di quel regime teocratico.
Chi si dimentica la natura dell'ideologia, il suo essere refrattaria alla ragione, dimostra di non aver capito niente del secolo breve e della natura dei totalitarismo occidentali e si dimentica che entrambi hanno perso le unghie non certo attraverso il dialogo.
Se si vuole fermare la corsa verso il nucleare iraniano abbiamo solo due possibilità: o un cambio di regime interno o l'uso della forza a cominciare da un'applicazione dura delle sanzioni.
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