martedì 22 dicembre 2009

Pietro De Marco, “Amico/nemico e sociétés de pensée . Tra il Caimano e l’orgia.”

Contro il giacobinismo, l'azionismo snob di Repubblica e il giustizialismo straccione di Di Pietro, contro le anime candide del PD, una perla dell'amico Pietro De Marco, pubblicato sul Foglio del 17 dicembre 2009.

"Silvio Berlusconi come "un pericolo e un cattivo esempio", punto d'approdo internazionale (Financial Times del 27 maggio) di una prolungata colluttazione con l'homo novus dell'Italia repubblicana, è una formula moderata a confronto con la cosa Berlusconi,
"una cosa que da fiestas, organiza orgías y manda [comanda] en un país llamado Italia", sparata dal Nobel Saramago sulle pagine del País del 6 giugno scorso, o col Berlusconi come Putin (capobanda, boss) da cui deriva che 'gli italiani [sono] come i russi', succubi, clientes e sudditi di boss, scagliato da Barbara Spinelli da La Stampa del 31 maggio.

Un pericolo e una malattia, comunque. Repubblica sostiene quasi quotidianamente, da anni, che Qualcuno mette mina le istituzioni, anzi il sistema democratico. Scelgo tra i miei ritagli un bouquet di citazioni archetipiche, esemplari dell'effervescenza del lessico politico, da anni. Siamo a metà aprile 2006. Pirani evoca "la devastazione istituzionale apportata da Berlusconi", e incastona una delle tante perle di Gustavo Zagrebelsky: " [La cultura altra da noi, quella del berlusconismo] non è democrazia ma è demagogia, un regime insidioso che si nasconde sotto apparenze ingannevoli". Il "ritorno alla normalità" richiederà prima o poi, coerentemente, la deberlusconizzazione.

La coazione a metaforizzare su Berlusconi e sull'anima della sua "base sociale" ricorda lo stupore dei teologi di fronte all'indiano americano dopo la Scoperta. Non se ne aveva notizia precedente. Difficile attribuire loro il genus umano. Erano destinati alla Salvezza? Lo stesso richiamo, da parte dell'intelligencija, all'unità di tutti non può non presupporre una rieducazione, se possibile, di questa massa damnata; mentre chiede l'eliminazione dell'indecifrabile monstrum. "S'ingigantisce ripetendo due o tre mosse elementari (agguato, scatto delle mascelle, digestione); la sua forza sta nel non pensare: il pensiero semina dubbi; lui punto diritto alla preda e l'inghiotte. I suoi quadri mentali ignorano l'Altro; siamo bestiame umano; perciò irrompe a testa bassa contro le categorie politiche, morali, estetiche (…)", aveva scritto Franco Cordero (Repubblica 24.3.2006).

Lo rivelava anche il singolare comparatismo di Pirani (Il bluff del Cavaliere, Repubblica 14.4.2006). Come opera Berlusconi di fronte alla mancata vittoria? "La tensione parossistica che sta imponendo alle istituzioni fanno pensare allo stato d'animo tra il rivoltoso, l'insultante e il disperato dei fedeli di San Gennaro quando il "miracolo" non si compie e il sangue non si liquefa". Sintomatica, davvero, l'alienità dei devoti agli occhi l'illuminista; perfetta nel confermare l'alienità di Berlusconi per lui.

Ma non siamo di fronte ad un comportamento simmetrico delle parti? Vi è una distinzione netta da fare, aiutati da questi pochi esempi. La stessa "tensione parossistica" (e perché no?) e la individuazione dell'avversario politico esibita dal Premier sono tutt'altra cosa dalla costruzione del Nemico come Male, come essere repellente da odiare. Altro è far pesare sull'avversario una legittima, radicale diffidenza per la sua genealogia politica e ideologica, per il potenziale eversivo (politico, etico e di cultura) ch'esso porta con sé; magari sulla scorta delle diagnosi di Augusto Del Noce e di Gianni Baget Bozzo. Altro è ciò che la gnosi affabulatoria delle sociétés de pensée ha evocato, e indotto nell'opinione pubblica, contro il premier, le sue televisioni, i suoi atti, i suoi uomini (fino alla censura sprezzante contro gli "atei devoti"): l'iniquità del Nemico e del suo popolo, la loro sottoumanità, da temere e da irridere.

Ma la société di Repubblica resta più serena del suo pubblico. Sa di sapere. Per ogni intelligencija gnostica, come per l'ortodossia gnostica antica, quella valentiniana ad esempio nella testimonianza di s. Ireneo, la "sostanza ilica [yliké, da yle materia] per necessità è destinata alla distruzione, perché non può accogliere alcun soffio di incorruttibilità". La société illuminata prevarrà.

L'immaginario dei diversi popoli di sinistra è animato, dunque, da una discriminazione secondo il valore: gli uomini del centrodestra sono Nemico personale, morale, non hostis pubblico. Carl Schmitt distingueva rigorosamente i due livelli; lo dimentica chi depreca la logica Amico/Nemico. Ma Schmitt aveva pronosticato l'eventualità del loro collasso in un unico conflitto fino all'annientamento. La vulgata antiberlusconiana, colta e di piazza, corrisponde pienamente alla moderna deriva analizzata da un celebre passo della Teoria del partigiano (1962): "Armi extraconvenzionali presuppongono uomini extraconvenzionali. L'estremo pericolo [per il mondo; qui, diremmo analogicamente, per una società civile p.d.m.] risiede nella ineluttabilità di un obbligo morale [al conflitto]. Gli uomini che adoperano simili mezzi contro altri uomini devono bollare la parte avversa come criminale e disumana, come un non-valore assoluto, altrimenti sarebbero essi stessi criminali e mostri. La logica di valore e disvalore dispiega tutta la sua devastatrice consequenzialità e obbliga a creare sempre nuove e più profonde discriminazioni, criminalizzazioni e svalorizzazioni, fino all'annientamento di ogni vita indegna di esistere" . Questa è la diagnosi esatta della logica dei lunghi anni di lotta dell'intelligencija contro il Caimano; perciò rappresentato, da Franco Cordero, come una non umana macchina predatrice.

Dualismo gnostico – a piena conferma del celebre teorema di Eric Voegelin - che divulga il mito di una presenza che ha contaminato il Paese o, semplice variante, che si è fatta espressione della sua contaminazione. Hans Jonas sottolineava nello gnostico l'esperienza dell'estraneità, anzi della frattura, col Mondo. In effetti l'intelligencija ha vissuto con angoscia la storia dell'ultimo quindicennio politico come rivelazione di un universo alieno, sotto la legge di un demiurgo inferiore, cieco e malevolente.

L'odio dell'intelligencija alla persona del Premier è tutt'altro dalla avversione politica dei liberali-conservatori per la metamorfosi del "comunismo"; è odio ontologico. In quell'odio il Nemico è persino meno concreto della esaltazione contro di lui: "l'annientamento (…) non si rivolge più contro un nemico [in senso tecnico] ma è ormai al servizio solo di una presunta affermazione oggettiva dei valori più alti (…). [Diviene] l'opera di annientamento condotta da un'inimicizia assoluta" (Teoria del partigiano, Adelphi, 2005, pp.130-131; cfr. id., Il Saggiatore, 1981, p. 75; versione riveduta).

Per questa ragione anche il compatto orizzonte o reticolo degli "argomenti"
prodotti contro il premier e il suo governo, personale e istituzionale, da parte degli oppositori deve essere considerato un arsenale bellico, ed anche efficace, come mostrano i suoi risultati sul bersaglio. Non vi è parola di opposizione (salvo poche e di poche persone) che non sia full metal jaket, assemblata e rinforzata come per essere "sparata dalla canna di un fucile". È la formula di un grande storico contemporaneo delle idee politiche, John Pocock.

A proposito di linguaggio politico e di paradigmi scriveva Pocock, diversi anni fa: "Le [sue] parole divengono paradigmatiche, nel senso che possono venir usate da più d'uno per trasmettere più d'un contenuto o imprimere loro un 'taglio', e la comunicazione sociale diventa una sorta di partita a tennis, in cui mi è permesso di importi la mia palla 'tagliata' a condizione che tu possa imprimere il tuo 'taglio' nel rimandarmela. (…). Ma può capitare che venga sparata dalla canna di un fucile una palla in nessun senso rimandabile. Vale a dire: inviarmi una comunicazione a cui non posso assolutamente imprimere quanto voglio dire nel rilanciarla significa inviarmene una cui, di fatto, mi è proibito rispondere, dato che mi viene proibito di fare qualsiasi comunicazione negli stessi termini" (J. Pocock, Politica, linguaggio e storia, Comunità, 1990, pp.100-101; versione riveduta).

Da un documento delle micidiali scaramucce di un ciclo politico fa: "Forse solo Berlusconi non è un ex, perché è senza passato, vale a dire senza storia. Disgraziato quel popolo che, sperduto nella sua storia, se la 'lifta'. Una storia 'liftata' è piattezza, è storia decerebrata, perché è uguale a se stessa in qualsiasi punto" (Francesco Merlo, Repubblica, 6.2.2004). Ove basterebbero l'idea insensata che un leader che non proviene dalla politica sia un "senza storia", e la battuta che il suo lifting non possa non "decerebrare" la storia in cui opera, per misurare il degrado delle migliori intelligenze una volta arruolate in una intelligencija e militarizzate nella guerra delle parole.


 

Sociétés de pensée


 

Si ripete frequentemente che la decostruzione della persona del Premier è l'unica azione politica che le opposizioni siano riuscite e riescano ad esercitare. Perché? Direi, in virtù di due fattori.

Il primo è in realtà un vincolo, costituito dal dato che la persona privata (l'imprenditore è in sé figura privata, ovvero della società civile) di Silvio Berlusconi è stata e resta il solo terreno obiettivamente praticabile per opposizioni senza unità e senza idee di governo, se non inattuabili o autodistruttive delle alleanze stesse, o elementari o desuete. Il secondo, che qui interessa di più, è costituito invece da una grande risorsa endogena delle sinistre: la lunga esperienza strategica e tattica dell'intelligencija 'illuminata' nel patetizzare la congiuntura storica e 'demonizzare' (parola recente e inflazionata che non amo, ma che è qui tollerabile) l'avversario.

Si può riconoscere, guardando con attenzione, nella mobilitazione dell'intelligencija una convergenza di spontaneità e di calcolo strategico. Una "regìa" di medio raggio, fin dove arrivano i media e la rete dei blog, collega la dimensione spontanea con quella indotta, i sentimenti con "le parole per dirli", ed integra il "fatto" col connotato deturpante, fingendo presso l'opinione pubblica la negatività ultima di ogni evento e tratto del leader. La rete porta questa 'finzione' lontano e ovunque, anche nelle coscienze dove ossessione e delirio sono pronte a prendere corpo, il suo corpo.

Ma è una regìa sui generis. Quanto la reticolarità antiberlusconiana avesse eventualmente di complottistico sarebbe meno importante di quanto è riconducibile con certezza al mécanisme diffuso e pubblico. Intendo dire che l'aggressione al Premier, in corso da tre lustri, conferma l'evocazione, sulla scena italiana, di sociétés de pensée, della loro capacità di modellare come un'arma l' opinion sociale, di iterare attacchi da tutte le posizioni conquistate purché questa loro creatura (l'opinion) non venga intaccata dal dubbio e persista nella propria opposizione al Pouvoir.

E' nota (anche Sergio Romano vi dedicò anni fa attenzione) la figura storica delle sociétés de pensée, ovvero di quella formazione che moltiplica e collega tra loro congiunturalmente gli intellettuali "critici", un tempo semplicemente gli alfabetizzati, insomma l'intelligencija più difforme, nella espressione anzitutto retorica e libellistica dell'opposizione al Sovrano. Le sociétés de pensée furono denominate e studiate nel corso del primo decennio del Novecento da Augustin Cochin, il giovane storico (e quale storico!) cattolico antirepubblicano, che ha reso possibile come pochi altri la nostra attuale libertà nei confronti del mito rivoluzionario francese.

Scriveva Cochin,prima della Grande Guerra, sotto la duplice esperienza della ricerca storica e dell'osservazione dell'intelligencija contemporanea: "le sociétés [de pensée] creano una République ideale ai margini della vera, un piccolo stato ad immagine del grande, con l'unica differenza che non è reale. Le decisioni prese sono solo auspici [voeux], e (dato fondamentale) i suoi membri non hanno personale interesse né responsabilità riguardo alle questioni [affaires] di cui parlano".

Le sociétés, questo potere nuovo, fondano, scriveva Cochin, "un'ortodossia di nuovo genere, [in cui] la 'conformità' , la 'regolarità' si distinguono dalle antiche per il fatto di non ammettere misure, gradi, quali lo scarto tra lettera e spirito, tra regola e fatto". Tali regolarità e conformità si esprimono solo "nell'adesione implicita, brutale, a formule cut and dried, come dicono i macellai inglesi, pronte per servire come quarti da salare. [Formule] troppo numerose e definite, in effetti, per permettere, e troppo legate all'attualità per tollerare, la minima discussione (…). Questo furono i cahiers del 1789, capolavori della letteratura cut and dried, analoghi fin nella fraseologia".

È dunque un pessimo sintomo che ciò che resta della "politica" (alta) di opposizione ritenga di lucrare dai risultati distruttivi (non solo di erosione del premier ma di molto altro) ottenuti dalla quotidiana incriminazione e dis-umanizzazione del Nemico. Pessimo sintomo che lasci operare l'intelligencija con gli strumenti infamanti e patetizzanti (dall'indignazione alla diffamazione, dal disprezzo all'irrisione falsificante) che essa da sempre usa con slancio perché sono la sua vita stessa, senza supporre di dover scontare politicamente e moralmente questa scissione tra strategia e tattica, o di star già pagando il conto. Scorrendo la produzione degli intellettuali pubblici schierati contro il Caimano, la migliore metafora che viene alla mente per questo affannarsi è la coazione del giocatore alla slot machine. Vi prevale l'immersione onirica che, ancora una volta dopo la kermesse prodotta da tutti gli arcaismi ideologici degli anni Settanta, immunizza la cultura 'illuminata' dall'infetto paese reale, sotto l'apparenza di proteggerlo o vendicarlo.

È necessario che l'opposizione, specialmente la più recente e inesperta, ricordi come operano, sempre anarchicamente, anche in virtù dell'assetto occasionale del loro eloquio "sans dogme ni credo" (Cochin), le sociétés de pensée. Le loro parole, quali che siano, sono tutte 'tagliate' per inibire nel bersaglio la risposta. Nel senso di Pocock, per 'uccidere' il Nemico.

Una grande figura del cattolicesimo francese, e arabista eminente, Louis Massignon, dedicò nel 1955 un saggio alla difesa della memoria di Maria Antonietta. Giudicando i calunniosi attacchi delle sociétés all'onore della Regina il Massignon coglieva l'essenziale: l'immondizia gettata su di lei ("poursuivant à la fois son déshonneur et sa mort") vuole colpire, non importa con quali mezzi, il "testimone convinto del diritto divino della monarchia", ossia – diremmo qui in termini più ampi - la dignità e il fondamento dell'istituto sovrano. In effetti il nemico da sconciare con la calunnia e condurre al patibolo per accelerare la Rigenerazione (della storia, del paese, della sinistra) è sempre il Potere legittimo.

Come uscirne? Non è il Pouvoir a disporre, ordinariamente, della leva per arrestare il meccanismo che lo assedia, anche se ha il diritto, politicamente fondato, di difendersi. Può arrestare il mécanisme (e lo deve) chi in parte lo alimenta
dall'interno e si illude di fruirne, se non altro in termini di vantaggio occasionale ("intanto lasciamogli distruggere Lui"). Spetta al cieco fruitore contingente rimuovere il mécanisme, assumendo finalmente la "normalità" delle proprie sconfitte passate e future (tutt'ora non accettate razionalmente), e la "normalità" di Silvio Berlusconi. O lo stesso mécanisme,
costituito nel più classico dei modi, su pretese di Verità, Libertà, Giustizia e Virtù, giunto al suo esito distruttivo, impedirà a chiunque altro di governare. L'ascesa del "partito giustizialista" di Antonio Di Pietro, a danno degli eredi del PCI, è un'anticipazione premonitrice di questo esito."

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