lunedì 19 ottobre 2009

Notiziario internazionale

L'Occidentale 16 ottobre

Le difficoltà delle nazioni occidentali a trovare una soluzione efficace per le aree di crisi, in modo particolare il Medio Oriente, sono davanti agli occhi di tutti. Stati falliti, paesi sull'orlo della guerra civile sono la regola. E sempre ci si interroga su quali possano essere le soluzioni. Un caso di uscita positiva da queste situazioni difficili ci viene dalla Macedonia a causa della lungimiranza della sua leadership. Quando la ex Jugoslavia si dissolse e cadde in un bagno di sangue, il governo macedone riuscì a sventare di cadere nell'abisso della guerra civile internazionalizzando la crisi e quindi coinvolgendo immediatamente la comunità internazionale in tutte le sue articolazioni: Unione Europea, OCSE, NATO, ONU. Soft e hard power sono stati impiegati in modo intelligente: diplomazia e forza militare utilizzati con pazienza e sapienza e i risultati si vedono. Un paese schiacciato tra Serbia, Albania, Grecia, Kossovo e Bulgaria, formato da un mix di etnie di religione diversa, è riuscito a uscire indenne da ben due crisi, quella appunto successiva alla fine della ex Jugoslavia e ai tentativi secessionisti albanesi fomentati dal Kossovo.

Sempre rimanendo nei Balcani e trattando di un'area calda, eccoci al Kossovo con un'analisi di una situazione dove le due comunità, serba e albanese, sono riuscite a trovare un modus vivendi che può essere l'occasione esemplare per la Serbia per dimostrare tutta la sua buona volontà verso un'uscita definitiva dalla guerra.

Turchia. Il paese è in questi giorni al centro delle discussioni a causa del rifiuto di partecipare ad esercitazioni comuni con americani a causa della presenza con Israele, fino ad ieri unico alleato islamico di Ankara. L'European Policy Center fornisce una sintesi orientativa sul ruolo della Turchia tutta tesa a trovare una sua strada non completamente allineata con l'Occidente con il rischio di cadere però in un fondamentalismo islamico contro cui fino ad oggi sembrava vaccinata.

Cipro. International Crisis Group affronta il problema della crisi cipriota mai veramente chiusa che ha segnato una frattura tra due paesi entrambi alleati nella NATO. Conflitto di vecchia durata che sembrava solo di carattere nazionale. Due ipotesi sono sul tappeto: unità o separazione? Nodo da sciogliere approfittando della data di elezioni dell'aprile 2010 che potrebbe dire un'ultima parola sulla situazione de facto della separazione.

Europa. A proposito di stati falliti, l'Unione Europea nonostante la sua esperienza, sta svolgendo il suo ruolo nel Mondo? "Siamo abituati a bilanciare potere con potere, ma male equipaggiati a confrontarci con stati deboli: nazioni fragili possono richiedere impiego di militari in azioni di peacekeeping e rafforzare stati deboli o gestire il collasso di essi richiede strategie molto più complesse disegnate su capacità civili".


Russia. Sempre dell'European Council on Foreign Relations, una fotografia delle relazioni tra Russia e Europa: se i due paesi vogliono instaurare rapporti saldi e durate voli devono dissipare i dubbi e le reciproche percezioni errate.

La Russia dell'era Putin si è sollevata dalla sua crisi, almeno rispetto al dopo comunismo, graziealle sue risorse energetiche e alla politica ad esse collegata, oltre all'abilità del suo premier. Ecco un report del Congresso americano (purtroppo per la vostra lettura, è messo sul mio blog perché ricevuto per posta elettronica) che analizza i rapporti con i paesi circostanti gestiti in relazione alle forniture di petrolio e di gas naturale.


Iran. Sostenere la via del dialogo con Theran adesso e la screditata leadership è secondo la maggioranza degli analisti un errore madornale. "L'influenza iraniana adesso sui paesi mediorientali sta iniziando a recedere? Mentre l'attivismo del regime degli ayatollah è in pieno svolgimento, vi sono segni inequivocabili che la Repubblica islamica ha raggiunto i limiti del suo appeal".



Afghanistan. In attesa della decisione del tentennante Obama, la situazione diventa sempre più difficile e i fatti riducono i margini di scelta. Il problema è sempre e solo uno, Mc Crystal ha ragione, non è possibile nessun ritiro, nessuna scelta che limiti la guerra ad azioni antiterrorismo; fino ad oggi si è perso tempo, c'è bisogno di una guerra di anti insorgenza, di più truppe sul terreno, garantire la sicurezza alla popolazione,rafforzare l'esercito e la polizia locali, ma c'è bisogno di un governo legittimo, forte e imparziale. Ultima condizione che palesemente manca. Ecco un analisi da un osservatorio non usuale, l'istituto finlandese di politica estera. " Una complessa insorgenza si è diffusa attraverso il paese appena gruppi differenti si sono raggruppati sotto l'ombrello dei talebani e hanno iniziato ad attaccare le truppe internazionali e il governo afghano".

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