giovedì 24 settembre 2009

TESTAMENTO BIOLOGICO

A me l'idea del testamento biologico non mi va giù.

Non riesco a capire perché lo stato deve mettere bocca nella mia morte, fatto appunto che mi riguarda in prima persona. Ogni persona è un essere prima di tutto sociale: la sua vita appartiene a sé, alla famiglia, agli amici, alle comunità in cui vive, anche allo stato quando decide per che cosa è necessaria la guerra. Se esiste una zona dove né la scienza né lo stato hanno però diritto di dire qualcosa, è il passaggio tra la vita e la morte. Mi è insopportabile l'idea che ci sia una legge che stabilisce cosa è e cosa non è "accanimento terapeutico", perché cambia la tecnica, cambiano le condizioni oggettive e soggettive, dipende dallo stato di salute del malato.

L'idea di "testamento biologico" appartiene ad una cultura strampalata – post moderna?- che unisce un misto di individualismo assoluto, di stampo illuministico positivista, ad un idolatria statalista totalitaria, come se l'ente superiore potesse tutto, perché tutto vede e capisce (idea peregrina e ridicola; in democrazia vuol dire solo affidarsi ai voleri della maggioranza).

Ora mi sembra quindi che questa proposta di legge cada in una profonda contraddizione.

O non si legifera sulla vita e sulla morte – soluzione ottimale. O si legifera, ma lasciando nel vago della indeterminazione biologico antropologico il passaggio dai due momenti – soluzione di compromesso politico accettabile. O si legifera ma si lascia all'individuo decidere a quali cure si vuole sottoporre – soluzione, che non mi piace, a cui conduce la logica del testamento biologico. La strada peggiore, irta di contraddizioni, che condurrà ad una miriade di ricorsi, perché si scontrano tra loro principi diversi ugualmente forti – autodeterminazione, dovere della cura, volontà del legislatore - è quella di escludere dalle volontà del cittadino alcuni atti, come l'idratazione. Non solo, scegliendo la via giuridica così precisa si rompe il tabù del rapporto legge positiva-vita: d'ora in poi la definizione di cosa sia una vita dignitosa, la "vita buona", è in mano a maggioranze parlamentari! Bestiale.

Capisco che nel momento, davanti all'invadenza della magistratura (che è andata a inventarsi una presunta volontà della paziente), davanti alla scelta politica del padre di Eluana Englaro dettata dalla volontà, per me incomprensibile, di dare scandalo, si sia scelta la strada del Parlamento secondo il principio, "meglio la volontà dei rappresentanti dei cittadini, che quella dei magistrati".

Ma siamo sicuri che questa proposta di legge sia buona?

Nessun commento:

Posta un commento