lunedì 21 settembre 2009

APPUNTI INTERNAZIONALI

L'OCCIDENTALE 19 settembre

Questo numero è dedicato all'Iran e alla sua corsa verso l'acquisizione della bomba atomica. A fine mese infatti si terrà la riunione del consiglio di sicurezza dell'ONU dedicata alla decisione se prendere sanzioni, e in che misura, contro l'Iran. Il 1 ottobre inoltre Javier Solana incontrerà Jaeed Salili, il negoziatore iraniano per il tema dell'energia nucleare, riavviando i colloqui del gruppo dei 5+1 (Gran Bretagna, Russia, Cina, Francia, Usa, Germania a cui si deve aggiungere fuori conteggio il rappresentante dell'Unione Europea) con l'Iran. Saranno tutte scadenze importanti perché prima o poi la comunità internazionale dovrà decidersi. Come è riportavano i giornali anche italiani, "l'Iran è sempre più vicino alla Bomba. Per Glyn Davies, l'inviato americano all'AIEA (l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica), Teheran possiede gli ingredienti necessari e la capacità per raggiungere la costruzione della bomba. Tutto dipende adesso da una decisione politica: se verrà impartito l'ordine gli scienziati potranno realizzarla. Quando? Forse già entro un anno, come hanno profetizzato indiscrezioni britanniche trapelate alla vigilia dell'estate. Oppure nel 2013, secondo un'analisi del Dipartimento di Stato americano" (Guido Olimpo sul Corriere della Sera, giovedì 10 settembre). In risposta alle richieste USA e del "gruppo dei 5+1", Ahmadinejad ha offerto, spostando il discorso, una collaborazione globale e un'attenzione particolare a risolvere la difficile situazione in Afghanistan, rifiutata dagli Stati Uniti perché elusiva riguardo all'argomento centrale. Il governo iraniano è maestro nella politica della dilazione, dell'inganno, del bluff, del tira e molla; metodo raggiunto un po' per precisa scelta (l'ambiguità aumenta la forza di deterrenza), un po' per un ondeggiamento in politica estera tra i due poli dell'esportazione della rivoluzione e pragmatismo e, terzo motivo, a causa della moltiplicazione dei centri di potere iraniani che spesso agiscono in autonomia l'uno dall'altro. Un esempio di tali ondeggiamento è dato dalle ultime dichiarazioni iraniane (Washington Post, 18 settembre). "Un alto negoziatore iraniano per gli affari nucleari ha dato una prognosi piena di speranze sull'andamento dei colloqui con gli Stati Uniti e le altre potenze mondiali, definendo la discussione una 'reale, nuova finestra di opportunità', affermando che la Repubblica islamica è preparata a confontarsi con le preoccupazioni americane sulle intenzioni nucleari iraniane. Allo stesso tempo, Ali Asghar Soltanieh, l'ambasciatore iraniano presso l'AIEA ha avvertito che la minaccia di nuove sanzioni contro il suo paese è vista come un vero e proprio atto di intimidazione che non raggiungerà il fine di bloccare la strada verso il possesso del nucleare per scopi civili, perché questo è un diritto del suo popolo."

E' stata la stessa Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica a rivolgersi alle Nazioni Unite a causa del comportamento di Theran; in base infatti alla stipulazione del Trattato di non Proliferazione Atomica nel 1968, un paese che voglia il nucleare per scopi civili e pacifici deve sottoporsi ai controlli della Agenzia e collaborare attivamente con essa, in cambio riceverà dagli altri aderenti assistenza, aiuto scientifico e materiale. L'Iran, come si sa, non ha certo brillato per collaborazione e, anzi, sono sicuri i suoi tentativi di raggiungere il possesso della bomba atomica. Per questi motivi, già nel 2006, l'AIEA aveva deferito la Persia all'ONU che ha già emesso 8 risoluzioni compreso il divieto di continuare nell'arricchimento dell'uranio. Prima delle ultime dichiarazioni sembrava che nel processo di arricchimento l'Iran fosse arrivato al 4-4,5 %; per l'uso civile è sufficiente il 5%, per quello militare è necessario raggiungere il 90%, ma il tempo per passare dal 5 al 90% è la metà di quello da 0 al 5%. Nell'ultimo report dell'Institute for Science and International Security, si riportano i dati preoccupanti relativi alla continua acquisizione di centrifughe, circa 5000, che il regime degli ayatollah sta portando avanti.

La strada di dure sanzioni economiche può dare i suoi risultati a causa della dipendenza dall'estero dell'Iran per l'approvvigionamento sia di petrolio raffinato che di macchinari specializzati per ammodernare i propri impianti di estrazione ormai obsoleti. E' chiaro anche che in questo caso i paesi europei, a partire dalla Germania e dall'Italia principali partner commerciali, si troverebbero in gravi difficoltà, mettendo in discussione la linea politica fino ad esso seguita di "cambiamento attraverso il riavvicinamento". Il 35% delle importazioni iraniane dall'EU arriva infatti dalla Germania, il 19% dall'Italia e il 16% dalla Francia.

Ma l'ostacolo principale sembra consistere nel rifiuto russo a inasprire le misure contro l'Iran ribadito pochi giorni fa a Mosca dal ministro degli esteri Sergei Lavrov con l'inequivocabile frase: "Non penso che queste sanzioni saranno approvate dal Consiglio di Sicurezza". Non a caso Obama ha cambiato approccio verso la Russia diventando più accondiscendete verso le sue richieste; infatti non si parla più della installazione di nessuna base, anello dello Scuso Spaziale, nei paesi dell'ex patto di Varsavia, sempre visto dal Cremlino come una minaccia.

Spesso l'attenzione internazionale si concentra sulla possibilità di produrre la bomba nucleare e invece niente si dice su che cosa succederebbe se essa fosse usata, magari contro Israele (si veda un'analisi del Center for Strategic and International Studies). Infatti non bisogna dimenticarsi che l'Iran rivoluzionario, tra le altre cose, è fortemente segnato da una visione apocalittica della storia; da qui discende il timore, non infondato, di un comportamento irrazionale, e di conseguenza anche l'impossibilità di affidarsi ad una politica di deterrenza come nel caso della guerra fredda. Il celebre esperto nucleare Albert Wohlstetter (si veda questo articolo del 1958 sullo stratega e il movimento neocon pubblicato su Le Monde) metteva in guardia già sulla precarietà, e immoralità, dell'equilibrio del terrore, anche tra attori razionali, basato sulla "reciproca minaccia di distruzione" (conosciuta in inglese come MAD, "mutual assured destruction"). Figuriamoci nel caso di stati con istituzioni caotiche che presentano una moltiplicazione delle catene di responsabilità e decisione come l'Iran!

Le opzioni per affrontare il paese del pavone dotato di armi nucleare non trovano tutti concordi. Accanto a chi sostiene la possibilità come ultima risorsa del ricorso alle armi, c'è chi spera comunque che siano sempre percorribili altre strade come la deterrenza e una strategia di containment. Una disamina completa di tutte le opzioni disponibili e degli scenari possibili, c'è offerto da questo esauriente documento "Which Path to Persia. Options for a new American Strategy for Iran" frutto di un convegno, tenutosi a giugno, promosso dal Saban Center for Middle East Policy e da The Brooking Institutions. Le opzioni, riassumendo brevemente, tra cui gli USA si trovano a scegliere, e che non si escludono a vicenda, sono le seguenti:

1 la scelta diplomatica nelle sue varianti di persuasione e coinvolgimento,

2 l'intervento militare che si suddivide in invasione terrestre (stile guerra all'Iraq) o raid aereo diretto a colpire gli obiettivi sensibili iraniani (basi, centrali e quant'altro) con la variante di lasciare ad Israele il lavoro sporco,

3 la strada del cambiamento di regime a Tehran attraverso un movimento popolare pacifico, "rivoluzione di velluto", o una insurrezione con il relativo supporto a gruppi armati, oppure da raggiungere con l'organizzazione di un colpo di stato,

4 l'ultima opzione, dal titolo emblematico "accettare l'inaccettabile", è rappresentata da un politica di containment di un Iran dotato di armi nucleari, con tutti i rischi che deriverebbero per la sicurezza nella regione e non solo.

Qualsiasi sia la strada scelta dalla comunità internazionale, rimangono certi alcuni punti fissi: l'Europa e gli USA devono decidere una linea chiara e non contraddittoria, se non lo faranno ci penserà Israele, che su questo tema non ha tempo da perdere.

Ma la corsa verso la proliferazioni delle armi nucleari, non è il solo pericolo che corre il Medio Oriente a causa della Persia. In questo bel documento, come al solito, l'ottimo Anthony Cordesman sottolinea la complessa strategia di sicurezza portata avanti dall'Iran che si basa sulla nozione di guerra ibrida, già provata dagli Hezbollah durante il conflitto del 2006 con Israele. Questa ulteriore modalità di guerra asimmetrica vede fondersi in un'unica strategia l'impiego di strumenti militari diversi, dal terrorismo all'esercito tradizionale, dalla guerriglia agli attacchi commessi da attori non statali in teatri distanti ecc. Dello stesso Codesman si può anche leggere quest'altro report (a slide) con una serie impressionante di tabelle, dati, diagrammi e quant'altro sia sull'importanza per l'economia internazionale dei paesi del Golfo sia dei pericoli provenienti dall'Iran.

Per un quadro a 360 gradi sulla situazione in Iran si può leggere l'esauriente volume della Rand "Iran pericoloso, ma non onnipotente". Lettura affascinante ed esaustiva nonostante la lunghezza, ma è disponibile un sommario, sulla complessa politica di sicurezza del paese articolato attorno al concetto, più volte introdotto, di "guerra ibrida", l'ultima sviluppo della guerra simmetrica.

Per riassumere, l'Iran, secondo gli analisti americani, costituisce un pericolo per la sicurezza internazionale per i seguenti motivi:

  • l'ambizione a dotarsi di armi nucleari e di missili balistici a lunga gittata;
  • il supporto al terrorismo internazionale;
  • l'opposizione al processo di pace in Medio Oriente e alla sua volontà di acquisire un potere d'influenza nella zona;
  • la corsa verso un'armamento offensivo;
  • la minaccia alla stabilità dei paesi del Golfo, per estendere il controllo sullo Stretto di Ormuz, attraverso continue rivendicazioni territoriali.


 

"L'Iran - ecco la conclusione- vuole arrivare a detenere armi atomiche per rafforzare il potere delle sue forze armate per raggiungere un sempre più efficace potere di proiezione fuori area e come mezzo per aumentare il suo status e prestigio".


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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