giovedì 19 febbraio 2009

Un commento alla vittoria di Matteo Renzi.

Leggo con meraviglia alcuni commeni foremente critici, specialmente provenienti dal centro destra, sulla vittoria del Presidente della Provincia. Può darsi che si sia già entrati in campagna elettorale, e allora la propaganda prende il sopravvento mettendo fine all'espressione "discussione razionale". Se fosse così, nessuna dichiarazone meriterebbe un commento troppo serio, ma il gioco mi sembra diverso. Vediamo perchè.
La grande e superba affermazione di Matteo Renzi segna il successo di un personaggio di area cattolica, ma non catto-comunista, e ,per motivi anagrafici, non democristiano, giovane, con forti e non banali esperienze ammistrative. Non solo, ha organizzato la campagna elettorale da solo, senza appoggi romani, con il solo sostegno, per quello che può valere, del debole Rutelli che però sul progetto di legge sul testamento biologico ha votato con il centro destra. Quindi un personaggio sveglio, bravo organizzatore, determinato (ha sfidato tutto l'apparato del PD, a Firenze, una delle ultime roccaforti dell'ex PCI) e in grado di raccogliere una grande fetta di consenso in città. Un candidato insomma che ha sfondato a destra: se perdesse in corso d'opera la sinistra, potrebbe recuperare a destra. Ha insomma dimostrato due cose: la prima, dal vecchio PCI non può esserci nessun ricambio, la sua classe dirigente è finita, bollita, non capisce nemmeno in che mondo si viva e passa disinvoltamente da posizioni neo radicali al giustizialismo. Si vince, nelle società di ceto medio come Firenze, al centro, con disponibilità e pragmatismo. Un certo vuoto culturale può essere segno di debolezza politica per uno statista, ma per un amministratore può essere tratto di pragmatismo.
La vittoria di Renzi rappresenta per il centro sinistra anche un'altro fatto, poco sottolineato: se è vero che siamo davanti alla balcanizzazione del PD, al suo disfacimento, è anche chiaro che in alcune realtà come la Toscana il centro sinistra è riuscito a produrre in questi anni un numero elevato di quadri, una classe dirigente invidiabile che significa avere intessuto rapporti, certo egemonici e clientelari, con la società civile, con le categorie economiche, il volontariato, lo scarso mondo della cultura rimasto in città.
Per il Centro destra, forse era impensabile passare dal dominio cattocomunista ad una affermazione improvvisa di propri candidati. L'impressione che si ha però è che tutta la partita sia stata giocata di rimessa, sul nome del canditato e non sulla costruzione di relazioni diverse con la città, proponendo una visione alternativa dello sviluppo della città, come dimostra anche la vicenda Fiat Fondiaria.

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