Leonardo Tirabassi, 11 febbraio 2008
Anche la recente guerra a Gaza con gli scontri tra l’esercito israeliano e i gruppi di combattimento di Hamas sono eventi mediatici, guerre asimmetriche combattute sugli schermi delle televisioni e su internet, nonostante Israele questa volta sia stata più prudente. Guerre dove la politica e la propaganda occupano il primo posto. I sondaggi sono quello che sono, tanto più in zone di guerra, ma ormai hanno il valore di piccole elezioni tanto più importanti in zone di combattimento. Perchè queste non sono guerre solo di fatti, di battaglie, ma soprattutto di percezioni, di valori, conflitti dove l’ideologia occupa lo spazio della ragione e della forza tanto più in situazioni in cui Israele non può raggiungere la vittoria assoluta. Scontri dove la conquista dell’opinione pubblica internazionale è importante come una vittoria sul campo.
Il Jerusalem Media and Communications Center, in un sondaggio pubblicato pochi giorni fa (Marc Lynch Foreign Policy, del 7 febbraio) e tenuto tra la popolazione palestinese sugli effetti della guerra, riportava i seguenti dati.
La prima domanda non poteva altro che riguardare la vittoria: il 9,8% dei palestinesi intervistati ha attribuito la vittoria ad Israele contro il 46, 7 che invece ha visto in Hamas il vero vincitore, ma il 37,4 ha risposto “nessuno” che sale al 48,4% a Gaza. Il fatto più interessante però è la differenza tra i risultati di Gaza e quelli della West Bank che dimostra la forza dei valori e la scontentezza nei confronti dell’Autorità Palestinese: qui Hamas è risultata vincitrice agli occhi del 53, 3% della gente. La seconda domanda è molto importante e svela la differenza assoluta di punti di vista tra nemici con una visione del mondo completamente diversa e indica il lavoro che Israele dovrebbe fare per entrare nella psicologia del nemico. Alla domanda se “I palestinesi siano convinti che i civili sono stati colpiti dagli Israeliani a causa dell’uso di Hamas come scudi?” la risposta palestinese è stata all’unisono: la colpa al 72% è attribuita a Israele! E così si dica per la “colpa” dell’attacco: i missili su Sderot non c’entrano niente, l’azione di Israele è vista come aggressione a Gaza dal 76,8%.
Se passiamo a considerare gli attori esterni e cominciamo dall’America, vediamo che la situazione determinata dall’elezione di Obama è di nessun ottimismo: ben 48,2% sostiene che Obama non faccia nessuna differenza in confronto a Bush contro ilo 28,1 di ottimisti ( ma altri sondaggi invece sono più ottimistici e vedono il 42% sperare in un cambiamento radicale. Tra i paesi arabi, un successo notevole lo raggiunge il Qatar con il 63% che è stato percepito come un difensore della causa palestinese, la seconda posizione spetta all’Iran con un risicato, visti i suoi sforzi, 55,9% (comunque meglio in West Bank che a Gaza dove forse speravano in un aiuto maggiore che non c’è stato, figli sunniti di un dio minore scita e per di più senza retrovie). Ma ,sorpresa, il primo paese nella classifica del gradimento risulta la Turchia con l’89,6% e infatti a Gaza si è vista anche una manifestazione pro Erdogan. Chi ci fa una brutta figura sono i paesi arabi sunniti moderati e per di più confinanti. L’Egitto raccoglie uno scarso 35,1% di consensi, mentre la Giordania il 41,7% e lo stesso si dica del leader Abu Abbas inviso dallo 49,9 della popolazione. Il primo leader palestinese risulta con uno scarso 21,1% Ismal Haniya di Hamas, ma il 31,1% giudica comunque negativamente la leadership palestinese. Se si tenessero le elezioni adesso, risulterebbe vincitrice Hamas con il 28,6%, guadagnando ben 9 punti rispetto ad aprile quando era al 19,3%) contro il 27,9% a Fatah.
Ma quello che fa più paura è il giudizio sull’uso della violenza: l’adesione al lancio dei missili verso Israele è passato dal 39,3 in aprile all’attuale 50,8%., mentre il 41% dei palestinesi adesso si oppone alla pace contro il 34% dello scorso anno.
Quello che da un’analisi superficiale risulta è che i palestinesi non si fidano assolutamente dei loro capi sia di Hamas che dell’ Autorità Palestinese, mentre anni di guerra hanno aperto un abisso antropologico tra israeliani e palestinesi. Non solo, il recente conflitto sembra che abbia estremizzato ancora le posizioni e radicalizzato quella dei palestinesi
Se confrontiamo questi risultati con quelli di fonte palestinese, non completamente sovrapponibili, (Palestinian Center for Public Opinion, sondaggio n. 167 del 4 febbraio 2008 ad opera del dottor Nabil Kukali) risultano differenze notevoli su alcuni punti. Il 72% della popolazione giudica la situazione economica disastrosa e questo vale come una condanna definitiva dei due governi palestinesi; il 61,2% si oppone ad un dispiegamento di forze internazionali, ma l’88,2% vuole la tregua con Israele, il 56% dei residenti a Gaza crede che Hamas stia conducendo il paese nella direzione sbagliata. Quindi i palestinesi risultano in una situazione di stallo: da una parte un giudizio sempre negativo su Israele, ideologicamente in sintonia con la propria dirigenza, ma invece pragmaticamente critico nei confronti dei propri rappresentanti, ma senza alternative disponibili.
Pubblicato su Ragion Politica, martdì 16 febbraio 2008
I palestinesi devono cambiare strada
1 anno fa
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