sabato 13 marzo 2010

Appuntamento internazionale

Iniziamo con qualcosa saputo e risaputo ma che cozza contro un muro di indifferenza veramente incredibile e disgustoso. Il massacro dei cristiani nel mondo. Ecco a partire dagli ultimi massacri in Nigeria, un video che mostra tutto lo strazio di questa barbarie


 

Foreign Policy Initiative fa un bel regalo a chiunque interessato a capire qualcosa sull'andamento del mondo, dei conflitti in corso e della politica estera americana. Una raccolta di articoli (più di 300 pagine!) dei maggiori studiosi usciti dal 2009. Al di là delle singole aeree d'interesse, si consiglia di dare un'occhiata per lo meno alla prima parte che dà l'impronta alla raccolta, si inizia con un'analisi redazionale sulla politica estera del presidente Obama e a seguire Decline Is a Choice di Charles Krauthammer, The Obama Doctrine (Gary Schmitt and Tom Donnelly), The Perils of Wishful Thinking (Robert Kagan), Obama's Year One: Contra (Robert Kagan), Idealism Isn't Dead
(Robert Kagan). In pratica tutto il mondo neocon e realista ben rappresentato.

E' tempo di tagli, di risparmio economico e di proteste anche negli USA: qui una lettera, bipartisan, firmata da uno stuolo di generali in pensione contro le limitazioni del budget alla difesa dell'amministrazione Obama.


 

Su Foreign Policy, articolo su come vincere la guerra di idee con il mondo islamico, cioè come uscire dallo scontro di civiltà prospettato da Huntington; è una discussione estremamente interessante sul ruolo di quella che gli americani chiamano "public diplomacy" in alternativa alla diplomazia nelle segrete stanze e alle vecchie relazioni esterne. In pratica, la comunicazione come strumento della politica estera con lo scopo di influenzare la pubblica opinione degli altri paesi. Anche il nostro Ministero degli Esteri si sta attrezzando in tal senso ed ha attivato il primo corso interno sulla public diplomacy; nel sito della FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiane) si trova il materiale preparatorio del corso e anche dei cases studies. Ecco un breve rimando a siti di approfondimento: The USC Center on Public Diplomacy, Public Diplomacy on Wikipedia, Public Diplomacy Alumni Association, A study of London Foreign Policy, Public Diplomacy on PRConversations blog, A blog on Public Diplomacy and strategic communication in the 21st century.

In occasione delle giornate europee dedicate alle vittime al terrorismo, link completo ai documenti dell' Unione riguardo la lotta al terrorismo.

Da segnalare, le crescenti tensioni tra Russia ed ex satelliti nel Caucaso che rischiano di incrinare i già tesi rapporti con gli Stati Uniti.

E' uscito l'ultimo numero di Terrorism Monitor della James Town Foundation; tra i molti articoli, ne segnaliamo due in particolare, il primo sulle tensioni, in Kashmir, tra irredentisti islamici e India in grado di avere effetti a catena devastanti, il secondo è una ricerca sul campo nelle terre di confine tra Pakistan e Afghanistan e analizza l'opinione di studenti sulle operazioni americane in Waziristan. Il giudizio è abbastanza a favore di questi attacchi mirati e estremamente duro nei confronti dei talebani. Per chi ama i dati e le schede informative, ecco la lista dei comandanti talebani e di Al Qaida uccisi o catturati in Afghanistan

Elezioni in Iraq. Avvertimento serio ad Obama da parte di Brian Katulis, analista del Center for American Progress. Adesso che la situazione interna sembra che si stia stabilizzando e comunque può essere osservata con maggiore serenità, rimane il lavoro di integrare l'Iraq nel quadro regionale a partire dai rapporti con l'Iran e la minaccia che esso rappresenta, per finire con i paesi con cui l'America ha ottimi rapporti bilaterali, dalla Giordania all'Arabia. Un giudizio durissimo, e fuori dal coro, sul voto proviene da Daniel Pipes: "queste sono elezioni cosmetiche, perché l'Iraq non è uno stato che si può reggere da solo senza gli aiuti del governo americano".


 

"Il mondo è più complicato di quanto sembri, oppure "la realtà supera la fantasia". Asia Times riporta un fatto sconosciuto al pubblico italiano: la collaborazione tra servizi segreti pakistani, americani e iraniani per la cattura di un terrorista sunnita. Il fatto incredibile non è ovviamente la strana unità, ma il fatto che a darne notizia sia stato lo stesso Mahmud Ahmadinejad in visita a Kabul.
Il fatto è che l'Iran condivide molti degli interessi degli altri paesi della regione, innanzitutto la lotta contro il traffico di oppio il cui consumo affligge una fetta non piccola della gioventù persiana, in secondo luogo la necessità di fermare il terrorismo di marca sunnita al suo interno, infine uno stato di confusione nella regione finisce anche per minacciare la stabilità del regime iraniano.


 

Sempre su Asia News, l'ultimo articolo di Spengler, pseudonimo sotto cui si nasconde un acuto e ben informato analista o attore (chi sa?) della politica internazionale. In queste righe si concentra sul rapporto trilaterale Iran, Israele e Stati Uniti. Il presupposto, Obama ha una politica estera ambigua ma spesso sbilanciata verso un'idea nostalgica e affettiva del terzo mondo per cui è disposto anche a rinunciare al ruolo imperiale e garante dell'ordine internazionale da parte dell'America; se così fosse, non garantisce più Israele davanti alle minacce nucleari e quindi Tel Aviv deve scegliere se rimanere uno stato cliente degli USA o assumere il ruolo di potenza regionale egemone e pensare a difendersi da sola al rischio di incrinare l'amicizia con gli USA. Se agisse contro Tehran senza il via libera del potente alleato oltre Oceano, si potrebbe disegnare il seguente scenario. I paesi sunniti, Arabia in testa, sarebbero ben contenti; la Russia avrebbe più buon gioco, anche economico e militare, a confrontarsi con Israele che con il diretto oppositore; gli americani allo stesso tempo invece sarebbero i più danneggiati essendo esposti alle rappresaglie iraniane sia in Iraq che in Afghanistan dove l'Iran gioca una complessa partita supportando sia i talebani che la minoranza scita degli azara, inoltre si assisterebbe al risorgere di nuove tensioni in Pakistan tra il governo centrale la popolazione scita, 25 milioni di fedeli che vedono negli ayatollah iraniani i loro protettori. Ma fare predizioni su che cosa potrebbe avvenire in conseguenza di un raid israeliano deciso autonomamente in una situazione tanto fluida, con in gioco così tante variabili e dove si muovono decine di attori statali e no, è pressoché impossibile.

Sulla politica da intraprendere contro l'Iran, The Heritage Foundation ha elaborato dieci passi da intraprendere:1 imporre e rendere effettive le sanzioni, 2 superare le lobby economiche fili iraniane, 3 utilizzare tutti gli strumenti della "public diplomacy" per lanciare una campagna a favore dei diritti civili, 4 facilitare la comunicazione tra i dissidenti, 5 sostenere i gruppi di opposizione, 6 mantenere le truppe in Iraq fino a quando non siano annullate le mire iraniane sul paese, 7 lanciare una campagna all'interno dell'Iran di discredito del regime mostrandone la corruzione dei dirigenti, 8 modernizzare l'arsenale nucleare americano per convincere Tehran delle intenzioni americane, 9 aumentare le capacità militari americane nella difesa degli alleati, 10 dispiegare un robusto sistema di difesa missilistico a difesa dei paesi alleati minacciati dal nucleare iraniano.

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