sabato 18 aprile 2009

Bollettino di fatti internazionali n° 1, 18 aprile 2009

  • Le nuove sfide alla sicurezza
    Le nuove guerre si caratterizzano per una serie di fattori: dalla natura dei combattenti, ai modi di fare la guerra, dal contesto internazionale segnato dagli effetti e dai contraccolpi della globalizzazione. In questo articolo su Policy Review da titolo emblematico “The Power of Statelessness” , l’autore dipinge la comparsa di attori che sfidano l’ordine internazionale alla ricerca, non della conquista dello stato o alla creazione di uno nuovo, ma alla ricerca dell’esercizio del potere senza responsabilità di governo. La tesi è affascinante e provocatoria: lo stato moderno è nato per assicurare una migliore difesa di un determinato territorio, da qui il monopolio della forza. Se oggi le maggiori sfide arrivano da attori non statali, le comunità locali – si veda i gruppi di autodifesa sunniti e sciti contro Al Qaida in Iraq - si devono organizzare orizzozontalmente. Quattro sono i motivi individuati per questo trend:
    1. “lo stato non è più l’unico modo di organizzare a di gestire grandi gruppi …a causa dell’avvento di nuove tecnologie che rendono coesi individui e gruppi tra loro distanti”.
    2. “La proliferazione di armi dal doppio uso sfida il monopolio della violenza statale”.
    3. “La realtà di grandi potenze, e specialmente degli Stati Uniti, con capacità di distruzione totale incomparabili, serve come incentivo a tenere da parte di questi gruppi un basso profilo per non finire nel mirino”.
    4. “Molti di questi gruppi hanno idee radicali con elementi religiosi e estremistici che fanno sì che siano meno intressati al potere terreno compromissorio per sua natura con la realtà”.
    L’articolo cita una serie di fonti ormai classiche su cui basarsi per descrivere i nuovi fenomeni di collegamento al di fuori del controllo degli stati, primo fra tutti, quello delle reti. John Arquilla e David Ronfeldt, The Advent of Netwar (rand, mr-789-osd, 1996); John Arquilla and David Ronfeldt, eds., Networks and Netwars: The Future of Terror, Crime, and Militancy (rand, mr-1382-osd, 2001). Sulle nuove tecnologie ed il loro impatto sull’ “american way of war” il celebre articolo di Arthur K. Cebrowski e John J. Garstka, “Network-Centric Warfare: Its Origin and Future,” Proceedings (January 1998); Thomas Rid, “War 2.0,” Policy Review (Web Special, February 2007).
    Notevole l’idea l’utilizzo di internet per la creazione di un sistema di mobilitazione che prende il posto della rivoluzionaria. Si veda Audrey Kurth Cronin, “Cyber-Mobilization: The New Levée en Masse,” Parameters (Summer 2006); Timothy L. Thomas, “Cyber Mobilization: A Growing Counterinsurgency Campaign,” IOSphere (Summer 2006) e Madeleine Gruen, “Online social networks expand a sense of community among members and supporters of extremists groups” (June 9, 2008).
  • Afghanistan
    Articolo su Timesonline sulla ricerca di pace da parte dei Talebani moderati spiegato ai giornalisti in un incontro organizzato con i leader locali. Idea suggestiva: sotto l’etichetta “talebano” si muovono infatti una miriade di gruppi, per semplificare possiamo dire che appartengono grosso modo a tre categorie: i talebani veri e propri che si suddividono in due categorie stranieri e appartenenti alle comunità locali, quelli combattenti a tempo pieno e quelli part time, le tribù locali in rivolta contro la presenza di stranieri. Compito di una vera campagna di guerra non ottusa è di allontanare i guerriglieri “accidentali”, per riprendere un’ espressione di David Kilcullen che da il titolo al suo ultimo libro “The Accidental Guerrilla” (lunga recensione del sottoscritto sull’Occidentale). L’articolo riporta alcuni dati interessanti: 4500 diserzioni tra i talebani tra il 2005 e l’anno scorso; il 95% vuole la riconciliazione se viene loro assicurata una protezione adeguata; su 7000-11000 combattenti veri e propri, il nucleo d’acciaio è formato da non più del 5% mentre il 25% è stimato come incerto e il 70% afferma di combattere solo in cambio di soldi; la paga giornaliera è di 8 $ al giorno!
    La soluzine al conflitto sembra essere quella di creare un’opportunità di vita alla popolazione civile martoriata da decenni di guerra.
  • Israele
    Eccellente analisi di un ex ufficiale israeliano sull’ultima guerra a Gaza ispirato al più crudo realismo e pessimista riguardo ad una prossima pace tra Israele e palestinesi. Nel saggio si spiega la differenza con la guerra del 2006 in Libano contro hezbollah. Questo ultimo caso è diventato paradigmatico per capire i nuovi tipi di conflitto, le nuove guerre ibride dove un attore dalla natura incerta, irregolare ma anche a mezzo servizio di potenze straniere come utilizzi contemporaneamente tutti i mezzi a disposizione, leciti e illeciti, moderni e tradizionali, pur di neutralizzare la forza dell’avversario. L’articolo termina con una nota amara, priva di ogni speranza di pace con un’idea di “guerra senza fine”. “Non vi è nessuna cosa simile alla pace in questo nuovo tipo di guerra. La guerra è sempre in divenire con periodi di più violenza e altri di meno violenza, durante i quali il nemico si riorganizzerà e pianificherà nuovi attacchi. Quando percepiremo che il nemico sta diventando troppo forte, noi dovremo essere preparati per compiere attacchi preventivi, duri e veloci, colpendo gli biettivi chiave, con brutalità, come il nemico farebbe con noi. Solo allora potremmo raggiungere non la pace, ma periodi abbastanza lunghi di relativa calma” Per un approfondimento e su quale dovrebbe essee la posizione degli USA verso Israele, si veda la discussione su Foreign policy .
  • Iraq
    Rasfahani BAGHDAD / Aswat al-Iraq: Iran’s Expediency Council Chairman Ayatollah Ali Akbar Hashimi Rafsanjani said that reconstructing Iraq is a necessary and urgent thing, noting the expand of cooperation between Iran and Iraq after the topple of the former regime.This came during his meeting with Kurdistan Region delegation headed by Kurdistan Region Vice President Kosrat Rasul Ali on Tuesday (April 14), according to Mehr news agency.sostiene che per intessere relazioni di buon vicinato, è necessario avviare la ricostruzione dell’Iraq.
    Commento sulle elezioni provinciali in Iraq.
  • Iran
    Michael Rubin, membro dell’American Enteprise Institute ed esperto di sicurezza e di Medio Oriente, commenta la politica di apertura di Obama verso l’Iran, giudicandola “un miraggio”.
  • USA
    Con Obama i liberal amano la guerra!
    Anch’ora sull politica estera del nuovo presidente.
  • Pirati
    Mac Owens sul Wall Street Journal sostine, giustamente, che Obama per lo meno nella sua retorica ndr., non tiene conto della fine della differenza tra combattenti legali e illegali di questo nuovo mondo post 11 settembre.
    John Keegan pensa che con i pirati non si debba negoziare ma piuttosto”Devono essere colpiti e affondati questo è il momento di farlo”.


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