giovedì 23 aprile 2009

Alia Nardini. Paladini dei valori Universali

L'amica Alia Nardini mi ha inviato un commento ai fatti relativi all'uso della tortura a Guantanamo.

Secondo i memorandum resi pubblici nei giorni scorsi dalla Casa
Bianca, nel campo di prigionia di Guantànamo istituito nel 2002
dall’Amministrazione di George W. Bush fu raccomandata la violenza
corporale, nonché la necessità di causare “sconforto psicologico” nei
detenuti. L’annegamento simulato (waterboarding), le percosse
(schiaffi e walling), la privazione del sonno, la manipolazione
dietetica e le torture con acqua gelata ed insetti (seppur innocui) erano
ritenuti a tutti gli effetti leciti metodi di interrogatorio. Sebbene
contrarie alla Convenzione di Ginevra, queste pratiche venivano
giustificate dall’affermazione che i presunti terroristi non erano
prigionieri di guerra, ma “combattenti irregolari” ai quali la normativa internazionale sulla detenzione non era applicabile.
Rendendo pubblici i dettagli degli interrogatori dei presunti terroristi affiliati ad Al Qaeda, Barack Obama ha fatto indubbiamente la cosa giusta. Fin troppo si è speculato su quanto accadesse tra le mura della base americana a Cuba. Ora il mondo saprà per certo quali tecniche di interrogatorio la CIA -così come il Partito Repubblicano allora al governo- sostennero a Guantànamo, nel tentativo di carpire informazioni vitali ai prigionieri.
Ciò nonostante, in contemporanea alla diffusione dei memorandum, Barack Obama ha confermato l’immunità giudiziaria per i perpetratori delle torture, in particolar modo all’interno della CIA.
Questo lascia perplessi molti esponenti dello stesso Partito Democratico statunitense, sebbene alcuni vedano nelle parole del Presidente un disegno politico più ampio. Abolendo le torture, chiudendo le prigioni speciali e modificando gli attuali canoni che regolano interrogatorio e detenzione dei sospetti di terrorismo -pur senza punire retroattivamente i responsabili- il Presidente agirebbe depotenziando l’intera questione Guantànamo per ripartire con un colpo di spugna, forgiando una nuova immagine dell’America più attenta alle normative internazionali ed al giudizio
dell’opinione pubblica.
Tuttavia, gli americani non possono e non devono accettare un simile compromesso. Già ai tempi di Norimberga non venne considerato sufficiente ricorrere alla catena di comando per giustificare l’esecuzione di ordini ingiusti: la responsabilità diretta ed individuale di un’azione non viene ancellata dall’idea di aver semplicemente eseguito un ordine, poiché alle disposizioni ingiuste un oldato ha modo di disubbidire.
Se Barack Obama reputa che ciò che fu fatto a Guantánamo debba essere reso noto al mondo, è ecessario anche un iter processuale che traduca il diffuso biasimo morale per le azioni compiute in n catartico giudizio legale. Solo così gli Stati Uniti, che seguitano a ritenersi i paladini della
moralità e dei valori universali, riacquisteranno credibilità internazionale".

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